cultura tradizionale. Quasi tutti i canti d’amore qui presentati provengono, infatti, dalla fonte più antica sulla musica popolare salentina: il Saggio di Canti popolari di Giuliano, apparso nel 1871 ad opera di Gioacchino e Tarquinio Fuortes e recentemente ristampato. Benché priva di trascrizioni musicali, la raccolta , costituita da settantasei strambotti quasi tutti a tema amoroso – sentimentale, si segnala come un esempio emblematico della ricchezza poetica dell’espressività di tradizione orale. Sulla stessa scia, nel cammino a ritroso di un ritorno alle fonti, si colloca il recupero di un altro documento “minore” per la storia della musica popolare salentina, la raccolta di Canti folkloristici, curata dall’O.N.D. di Gallipoli nel 1934, una delle rare testimonianze di testi corredate da trascrizioni musicali. C’è poi il denso capitolo del canto popolare dell’area “grica”, esaltato dall’intrinseca musicalità di un antico idioma in cui si mescolano poesia popolare, echi di classicità, struggenti prove d’autore ad opera di flokloristi del secolo scorso. E c’è ancora un doveroso omaggio a Rina Durante, grande figura di ricercatrice pugliese scomparsa di recente
e poi, infine, il “classico” repertorio delle pizziche da ballo e da corteggiamento, la colonna sonora ideale di un ritrovato senso della comunità che ogni anno sale alto e si rinnova tra lo sterminato pubblico che partecipa al Concertone di Melpignano. Tante narrazioni dunque, quasi a voler ribadire il primato della parola, la sua virtù magica e salvifica, come fossero, le singole canzoni, altrettante storie raccontate dalla stessa voce.